Oggi sto un po’ male, in uno stato simil influenzale che ha richiesto mi fermassi un giorno, da solo, a casa. Due cose che non facevo da tempo: fermarmi e stare da solo in casa.
Così, per la prima volta dopo tanto tempo, mi sono ritrovato in silenzio nella mia casa fuori città, e dopo aver soddisfatto il bisogno di dopamina inviando messaggi whatsapp, rispondendo a un paio di mail e “controllando” delle cose di lavoro al computer, anche se poi non sto davvero male, ho girato una delle poltrone del soggiorno verso la porta finestra illuminata dal sole, mi sono messo comodo a sentire il tepore che mi arrivava dai raggi diretti attraverso i vetri, ho silenziato il telefono, ho chiuso gli occhi, e finalmente mi sono fermato.
Ero un po’ assonnato, a seguito della nottata in bianco, così sono stato per una mezz’ora in dormiveglia e, in questo stato, ho sentito come forse non avevo mai fatto, il rumore potente del silenzio. L’ho notato perché nella mia casa, riempita dalla vita pulsante con mia moglie e le mie figlie, non mi capita quasi mai di sentirlo. E del resto, anche nella mia vita, fatta di incontri, impegni, telefono, airpods e autoradio, non mi capita spesso.
Il silenzio è un rumore strano: quasi senza volerlo ti mette davanti a te stesso come forse neanche uno specchio sa fare. Lo specchio riflette la tua immagine; il silenzio riflette la tua anima, i tuoi pensieri, le tue emozioni.
Oggi, in quel silenzio, con la sensazione del tepore addosso e la luce del sole che percepivo anche ad occhi chiusi, sono riuscito ad entrare profondamente in contatto con una delle sensazioni per me più angoscianti: la malinconia.

Quel silenzio in effetti è stato quasi assoluto, ma non del tutto. Era scandito dal ticchettio regolare della lancetta dei secondi di quell’orologio che, pur sembrando sempre uguale, scandisce e misura l’elemento cardine della nostra vita: il tempo.
Tic __ Tic __ Tic __ Tic __
Crescendo il tempo acquisisce un nuovo valore. Da bambini praticamente non esiste, non si sa cosa sia e perché gli adulti “disturbino” la nostra vita con orari e cose da fare in un determinato momento. Piano piano impariamo a farci i conti ma anche da giovani adulti non ha troppa importanza, in genere. Sembra che quella giovinezza sia eterna, che la vita sia tutta nostra per fare e sognare tutto quello che ci piace, con la percezione che ci sia sempre tempo, chissà per quanto ancora.
Poi arriva un momento della vita, per me è stato intorno ai 40 anni, quando sono nate le mie figlie, in cui questa percezione improvvisamente cambia e tutto assume un significato diverso. All’improvviso ci rendiamo conto che in realtà non c’è tutto quel tempo che abbiamo sempre pensato di avere a disposizione. Lo notiamo da qualche capello grigio, dalle persone care che se ne vanno, dai figli una volta in fasce e ora in corsa verso sè stessi.
Oggi, ascoltando quel ticchettio assordante, (Tic __ Tic __ Tic __ Tic __) ho pensato a un mio caro amico e a una delle sue lezioni di vita. Un giorno a IsolaFelice ero alle prese con i miei problemi e le mie preoccupazioni e, vedendomi molto turbato, mi chiese di prendere un metro. Sul momento non capii cosa volesse fare ma, ad ogni modo, ne presi uno di quelli a rullo, quelli che si allungano e richiudono grazie a una molla interna.
Lui lo prese tra le mani e cominciò ad allungarlo fino a quando giunse a misurare circa 80 centimetri, poi lo bloccò e mi disse:
“Vedi Giunoni, questa è la lunghezza, in centimetri, della vita media di un uomo, più o meno: 80 anni. Io ho 56 anni, guarda un po’ cosa succede se accorcio il metro di 56 centimetri…”

“Vedi quanto è corta la vita mio caro Giunoni? Sembra lunghissima, ma ora che resta solo questo pezzettino fa un certo effetto vedere come corre via il tempo, vero? Ecco, ricordatene per il futuro: la vita è troppo breve per fracassarsi troppo le palle. Quando c’è un problema si prova a risolverlo ma non dimenticare che hai una sola vita e che va via veloce”.
Guardare quel metro così corto fu allo stesso tempo un’angoscia e una rivelazione. Vedere con gli occhi, fisicamente rappresentato, lo scorrere del tempo, fu incredibilmente forte.
Poi provammo con la mia età, allora avevo 34 anni. Ripartimmo da 80 e quando i 34 centimetri furono tolti e vidi il metro quasi a metà corsa provai una strana sensazione di precarietà.

La metafora del metro non la scorderò mai, è entrata per sempre nei miei valori. E la curva di Gauss?
La curva di Gauss l’ho aggiunta io, di recente, alla metafora del mio amico.
La curva di Gauss misura l’andamento della distribuzione media, in statistica, e viene in genere rappresentata in grafico da una linea che assume la forma di una campana. Nella parte alta si concentra la gran parte de casi.
Mediamente infatti le persone muoiono, in Italia, intorno agli 80 anni e, statisticamente, gran parte dei decessi si concentra in quella zona li, diciamo tra i 75 e gli 85. Purtroppo però la media è il risultato anche di valori estremi; qualcuno ha la fortuna di vivere più a lungo, in rari casi anche 100 anni. Altri hanno la sfortuna di vivere molto molto meno.
Ecco, per percepire bene la portata della metafora del metro, quando guardiamo cosa ci resta per arrivare ad 80 anni, dovremmo tenere bene a mente che non è affatto una certezza: potrebbe essere che viviamo di più, in genere poco di più, ma potrebbe essere che la nostra corsa finisca molto prima.
Quando il mio amico mi mostrò il metro aveva 56 anni. Quando morì ne aveva 58. Chissà cosa avremmo provato se avessimo saputo che gli restavano solo “2 centimetri di corsa”.
Cosa mi ha insegnato la metafora del metro e della curva di Gauss? Beh, manco a dirlo, la nostra vita è molto più fugace di quanto immaginiamo e quando non ci saremo più, oltre al dolore delle persone a noi più vicine, non resterà granché di noi, se non le eventuali tracce che lasceremo del nostro passaggio.
Invito tutti a provare visivamente l’effetto che fa: prendete un metro e misurate l’età media, prima, e quello che vi resta da vivere, forse, poi: vi verrà voglia di dare un abbraccio in più, di fare una passeggiata in più, di inseguire un altro sogno, di pubblicare il vostro libro.
Il metro e la curva di Gauss: sono stati loro e le persone a cui tenevo che non ci sono più a spingermi a pubblicare il mio libro “Una Vita da Panico“. Non prendiamoci troppo sul serio. Alcune volte il fermo della molla del metro si sblocca e il metro si richiude in un secondo. E restiamo col metro in mano, con la misura ancora da prendere e la vita ancora da vivere.
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